Organi donati da un ragazzo camerunense

È accaduto lo scorso 22 dicembre: un promettente calciatore di 18 anni si accascia a terra mentre è in campo al Beppe Viola di Torino con l’under 19 a giocare una partita che avrebbe potuto segnare una svolta e avviarlo alla carriera da professionista. Un malore improvviso. Arrivano i soccorsi, per 30 minuti si tenta di rianimarlo con il defibrillatore e ogni altro mezzo: nulla fa fare. Il ragazzo si spegne in ospedale 24 ore dopo.

Si stronca così il sogno di mettere le ali ai piedi e di correre dietro a un pallone, segnando mille gol. Ma la sua vita, quella non si stronca, anzi, proseguirà in 4 persone. La famiglia, e soprattutto la mamma, hanno deciso e dato l’autorizzare per la donazione degli organi del ragazzo: fegato, cornee e i reni vengono ‘offerti’ a chi da tempo è in attesa di trapianto.

Tanti i messaggi arrivati sui social dal mondo del calcio giovanile, incredulo per la prematura scomparsa del compagno e, fra i tanti, si legge il cordoglio delle società sportive del Piemonte: «A 18 anni devi avere tanti di quei sogni che non bastano i semplici cassetti a contenere. Devi coltivare le tue passioni per far sì che, un giorno, possa diventare il tuo tutto. Devi poter spaccare il mondo o, almeno, provarci. Devi dare forma a quel pensiero di un bambino: “da grande farò…”». Lui “si farà in grande, in quattro”: mai avrebbe immaginato che la sua ‘stagione’ potesse segnare dei ‘goal’ di così vitale importanza, offrendo nuova vita alla vita. «L’espressione di volontà alla donazione – dichiara la dottoressa Anna Guermani, responsabile del Coordinamento Regionale delle donazioni e dei Prelievi di Organi e Tessuti – è sempre accolta da clinici e pazienti in attesa di trapianto con enorme gratitudine, ma quando gli organi vengono donati in circostanze così inattese e drammatiche, questo gesto acquista un valore enorme agli occhi di chi lo compie e di chi lo riceve. Un esempio di solidarietà e di amore per la vita a cui tutti dovremmo ‘ispirarci’ e che dovremmo imitare».

Vaccino anti-covid

Sicuro e efficace anche per i pazienti trapiantati: un recente monitoraggio condotto dal Centro nazionale trapianti ha attestato un calo del tasso di incidenza dell’infezione del 78,7% fra i vaccinati, pari a una riduzione del rischio 4,7 volte inferiore di contrarre Covid-19 rispetto ai pazienti non sottoposti alla vaccinazione.

Sono i ‘risultati’ presentati a Roma agli Stati generali della rete trapiantologica, la riunione scientifica annuale degli operatori del sistema di donazione e trapianto di organi, tessuti e cellule del Servizio sanitario nazionale. Un dato di efficacia che ha superato le aspettative e che era non così scontato, secondo quanto dichiarato dal direttore del Centro nazionale trapianti, Massimo Cardillo. Sappiamo infatti che le persone trapiantate sono sottoposte a terapie antirigetti che riducono la capacità di difesa del sistema immunitario, e dunque maggiormente esposto a rischi virali e/o di altra natura. Il dato di efficacia sottolinea ‘scientificamente’ e conferma l’importanza di vaccinarsi, superando eventuali paure: un messaggio che gli esperti rivolgono con forza all’intera popolazione e, con maggior enfasi, alle persone trapiantate o in attesa di trapianto. Su impulso dell’operato del generale Figliuolo e delle ‘istituzioni’, la campagna di immunizzazione ha favorito l’accesso, prioritario, alla terza dose dei pazienti sottoposti a trapianto: infatti a fine ottobre 2021 il 47,9% dei circa 39mila pazienti con trapianto risultavano avere completato il ciclo vaccinale e complessivamente 79,6%, più di 31mila trapiantati aveva intrapreso il percorso vaccinale. «Un dato senza dubbio positivo – commenta Cardillo – considerando che una quota significativa dei non immunizzati non si è vaccinata per ragioni connesse alle proprie condizioni di salute. In generale stiamo rilevando elevata fiducia nella campagna vaccinale e nel lavoro dei centri trapianto che stanno seguendo i pazienti uno ad uno». Un plauso e un ringraziamento via videomessaggio è stato rivolto dal ministro della Salute, Roberto Speranza, a tutti gli operatori e a chiunque si sia impegnato nella campagna vaccinale per l’alacre lavoro e aver offerto ai pazienti trapiantati, al Paese e alla collettività un servizio essenziale encomiabile, di qualità, che verrà ‘premiato’ e potenziato con investimenti e risorse derivati dal Recovery Fund e dal Pnrr (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza).

 

“Bilancio” 2021 su donazione e trapianti.

Tra le regioni con i migliori indicatori per l’attività di donazione e trapianti. Anche per l’anno 2021, il Piemonte quantifica il numero di donatori effettivi tra i più alti a livello nazionale: 32.5 per milione di popolazione (PMP), seguito in ordine decrescente da 31.2 PMP del centro Italia, 27.5 PMP delle regioni del Nord e 15.1 PMP nel Sud e Isole, per una media italiana che si assesta a 24.0 PMP. Ma non solo; anche l’andamento e il numero dei trapianti in Piemonte ‘chiude’ in positivo con numeri in crescita: 57.3 trapianti di rene per PMP, rispetto a 55.1 PMP del 2020; 35.8 trapianti di fegato PMP (vs 35.3 del 2020); 6.1 di trapianti di cuore in confronto ai 5.8 PMP dell’anno precedente.

Unico dato in flessione, i trapianti di polmone con 3.6 casi PMP, ulteriormente in calo rispetto al 2020, in cui si assestavano al 4.9 per PMP.

Migliorano anche i numeri per quanto riguarda le cornee: 1.211 cornee prelevate, in risalita dalle 1.060 del 2020, con 513 cornee trapiantate, in sensibile crescita rispetto alle 328 del 2020. A questi dati si aggiungono 35 prelievi di cute e 93 trapianti eseguiti; 110 prelievi di tessuto muscolo-scheletrico da donatori viventi con 318 trapianti eseguiti; 23 prelievi di vasi e 44 di valvole per un totale di 27 trapianti eseguiti e 1 trapianto di segmenti valvolari e, infine, 78 innesti effettuati di membrane amniotiche.

Restano, tuttavia, ancora elevati i numeri di pazienti in attesa di trapianto: 685 per il rene (di cui 269 attivi e 415 sospesi); 103 per il fegato di questi 79 attivi e 25 sospesi; 89 lista per trapianto di cuore (nello specifico 47 attivi e 42 sospesi); 8 pazienti in lista per il pancreas equamente spartiti fra attivi e sospesi; 72 per trapianto di polmone, di cui 53 attivi e 19 sospesi. «La nostra expertise – dichiara il Professor Antonio Amoroso, Coordinatore del Centro Regionale di Riferimento per i Trapianti della Regione Piemonte – l’elevata organizzazione del centro, lo spirito di squadra, la dedizione al paziente ci hanno consentito di operare e rispondere efficacemente alle richieste dei nostri trapiantati, mantenendo alti i livelli di cura, assistenza e ascolto delle necessità e bisogni, come pure follow-up e servizi assistenziali anche in un’epoca di maggiore criticità come quella dei mesi appena trascorsi e nell’ondata pandemica attuale.

Seppure soddisfatti dei risultati raggiunti siamo consapevoli che c’è ancora molto da fare in termini di sensibilizzazione al ‘valore’ e all’importanza della donazione. E in questa direzione il nostro impegno proseguirà anche per il 2022, con l’auspicio di superare i traguardi raggiunti a fine 2021».

Cristina, la giovane donna dei ‘tre cuori’

Un coraggio e una fiducia che non hanno uguali. Cristina Zambonini, è ossolana (piemontese doc), ha solo 35 anni, ma ha molte storie da raccontare, almeno per quanto riguarda i trapianti di cuore: ne ha ricevuti 2 nella sua breve vita. Nel 2006, a diciannove anni, a causa di una cardiomiopatia dilatativa fulminante, viene messa in lista per un trapianto di cuore, l’unica opportunità che può salvarle la vita, e un mese più tardi a Bergamo, lo riceve in dono. Dieci anni dopo il trapianto, una complicanza: un grave rigetto cronico la costringe ad affrontare un secondo trapianto cardiaco.

Quale segno di riconoscenza per il suo percorso e per dare supporto a chi è in attesa, come lei, di un cuore nuovo, nel 2017 fonda insieme a sei amiche “Cuori 3.0 onlus” con l’intento di sensibilizzazione alla donazione, ricorrendo anche a iniziative leggere, come concerti, mostre d’arte, feste. “Parliamo di donazione e trapianti con ‘leggerezza’ – racconta Cristina – perché la drammaticità della donazione è già implicita in sé”. E per sostenere il suo impegno collabora attivamente con diverse associazioni, tra cui AIDO, ACTI, ADMO, AVIS e con il Centro Nazionale Trapianti. Lo scorso Novembre, insieme ad altri 33 italiani, cittadine e cittadini che si sono distinti per atti di eroismo, per l’impegno nella solidarietà, nel volontariato, per l’attività in favore dell’inclusione sociale, nella cooperazione internazionale, nella promozione della cultura, della legalità, del diritto alla salute e dei diritti dell’infanzia, è stata insignita dal Presidente Sergio Mattarella del titolo di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana: “Per il suo esempio di forza d’animo e per l’appassionato contributo nella promozione della cultura del dono”. La sua storia è un insegnamento importante per chiunque crede nel valore e nell’unicità della vita, da proteggere e offrire agli altri.

 

Il trapianto d’organo: una soluzione potenziale per le malattie rare

Le malattie rare colpiscono meno di 1 persona ogni 2.000; nell’80% dei casi sono di origine genetica e per una parte di queste malattie i sintomi sono già presenti alla nascita, in altre insorgono invece nei primi anni di vita. Tutte però sono accomunate dalla difficoltà/ritardo diagnostico e dalle scarse opportunità di cura.

Secondo un recente studio pubblicato su una intervista internazionale (Orphanet Journal Rare Disease), il trapianto è tra le opzioni terapeutiche tali da poter rappresentare il trattamento definitivo per l’insufficienza d’organo allo stadio terminale, sia nei bambini che negli adulti con malattie rare. A conferma di questa tesi, gli autori hanno selezionato dal Registro Trapianti del Centro Nazionale Trapianti Italiano oltre 49.400 pazienti, di cui il 5,1% in età pediatrica, che nel periodo 2002-2019 hanno ricevuto un trapianto di cuore, polmone, fegato o rene. Per 40.909 (82,8%) trapiantati, di cui 38.615 adulti, era disponibile una diagnosi di malattia, nei restanti 8.495 pazienti (17,2%) la causa non era invece nota. Nella popolazione pediatrica, tra le 128 malattie che risultavano la causa della necessità di trapianto, 117 erano malattie rare. 2.294 piccoli pazienti (5,6% rispetto al totale dei trapianti registrati in questo periodo in Italia) avevano ricevuto una diagnosi di malattia: il 92,7%, pari a 2.126 pazienti, di malattia rara, il 61,1%, ovvero 1.402 pazienti, di un difetto di un solo gene (condizione monogenica). «Lo studio ha permesso di osservare – commenta il professor Antonio Amoroso, Responsabile del Centro Regionale Trapianti della Regione Piemonte – che i bambini, rispetto agli adulti, avevano una sopravvivenza complessiva migliore a dieci anni dal trapianto rispetto agli adulti, con l’eccezione dei trapianti di polmone dove le sopravvivenze di adulti e bambini erano analoghe.

Inoltre, è emersa un’altra informazione importante: in generale, i bambini che avevano malattie rare mostravano sopravvivenza migliori rispetto ai bambini con malattie comuni. Si tratta di un lavoro importante: è la prima indagine internazionale che ha ‘messo a fuoco’ le principali cause genetiche e le frequenze di malattie rare e/o monogeniche che portano a insufficienza d’organo e che richiedono il trapianto sia negli adulti che nei bambini». Un dato da cui potranno svilupparsi nuovi progetti di ricerca per offrire migliori opportunità diagnostiche e di cura al paziente.

La Città della Salute leader (anche) nel trapianto di rene

40 anni che hanno fatto la storia del trapianto di rene in Regione Piemonte: il primo avveniva nel novembre del 1981 presso il Centro trapianti renali “A. Vercellone” delle Molinette, l’ultimo – che ha consentito di tagliare il traguardo di oltre 4 mila trapianti – è avvenuto grazie alla generosità di un donatore deceduto “a cuore fermo”, cioè con morte accertata secondo criteri cardiologici. Alle Molinette di Torino, nel novembre 2021 è stato effettuato anche il 247° trapianto di rene da donatore vivente, che – con i 153 trapianti eseguiti a Novara – ha permesso di raggiungere quota 400 in Piemonte: un altro fiore all’occhiello per Città della Salute. Numeri ed expertise che hanno consentito alla Regione Piemonte e Valle d’Aosta di qualificarsi come territorio di eccellenza, in Italia, per i trapianti d’organo, nello specifico di rene, e all’AOU Città della Salute e della Scienza di Torino di diventare struttura di riferimento a livello nazionale.

Obiettivi raggiunti grazie a un lavoro di squadra: «Quanto abbiamo ottenuto – spiega il professor Antonio Amoroso, Responsabile del Centro Regionale Trapianti della Regione Piemonte – è stato possibile grazie alla generosità ed all’altruismo diffuso nella popolazione piemontese, all’impegno dei Centri di Rianimazione di tutti gli ospedali di questo territorio, all’aumento del trapianto da donatore vivente, al potenziamento dell’iscrizione in lista con allargamento a pazienti sempre più complessi, alla politica aziendale di rafforzamento del programma anche sulla linea della continuità, impegni perpetrati e perseguiti anche in epoca di pandemia».

A ciò si è aggiunta la lungimiranza del Centro Regionale che si è ‘aperto’ anche a valutare e accogliere criticità, considerate da altre strutture una esclusione al trapianto, quali riceventi e donatori anziani, l’esecuzione di trapianti di rene da donatore a cuore fermo, ritrapianti, trapianti renali in condizioni di urgenza, trapianti ad alto rischio di rigetto, trapianti renali combinati con altri organi attuati con la collaborazione di équipes specifiche d’organo, trapianti da donatore vivente con gruppo sanguigno diverso. «Si tratta di realtà – aggiunge Amoroso – che sono ormai entrate nella pratica clinica quotidiana del nostro ospedale. Di questo va reso merito alla competenza e alla passione di tutti gli operatori che non si risparmiano per ottenere le massime performance e offrire ai nostri pazienti il più alto livello di cura e assistenza».

Il successo del programma di trapianto è frutto, infatti, della cooperazione di differenti competenze, interagenti e tutte indispensabili, che partecipano al momento del trapianto e/o nel follow-up dei pazienti trapiantati: il Coordinamento regionale Trapianti, il Coordinamento regionale Prelievi d’organo e tessuti, il Centro Trapianto, il Centro Trasfusionale, i Laboratori, e moltissime altre divisioni. Un lavoro ‘di rete’ che ha consentito di contare al 31 ottobre 2021, 4016 trapianti di rene, di cui 165 trapianti di entrambi i reni, 47 trapianti di rene da donatori a cuore fermo, 59 trapianti combinati di rene e pancreas ed 85 trapianti combinati di rene e fegato, 5 di rene e cuore ed 1 di polmone e rene. «Grazie a questa intensa attività di trapianto – conclude Amoroso – in Piemonte il numero dei pazienti nefropatici curati con il trapianto sta sopravanzando quello dei pazienti curati con la dialisi, avvicinandosi al sorpasso, secondo i dati dell’Osservatorio regionale per la Malattia renale cronica».

La storia di Matteo, ‘rinato’ alla vita dopo un trapianto di fegato

Ora è tornato sul campo da basket: solo un anno fa lo sport sembrava un ‘sogno’, un’attività impraticabile, mentre da 18 mesi era in attesa di un trapianto di fegato, a seguito di un tumore. La sua storia è stata definita ‘il miracolo di Natale’: la notte del 25 dicembre scorso arriva la notizia della disponibilità di un organo, risultato compatibile e trapiantato alle Molinette di Torino. Dal suo letto di ospedale testimoniava la gioia di avere ricevuto quel dono, una vita nuova, e le sue parole oggi sono portatrici di un appello forte alla donazione: «A tutti coloro che possono farlo dico, donate perché è un gesto che fa la differenza. Senza il mio donatore, i medici e i ricercatori oggi non sarei qui. La donazione è un atto ineguagliabile che salva realmente la vita».

Tutti noi possiamo esprimere la nostra volontà alla donazione di organi, per poter dare una prospettiva di speranza con il trapianto. I trapianti possono essere eseguiti in sicurezza a tutte le età; tuttavia, «è fondamentale rivolgersi a centri di elevata esperienza – conclude la dottoressa Anna Guermani, responsabile del Coordinamento Regionale delle donazioni e dei Prelievi di Organi e Tessuti – in cui effettuare un adeguato e corretto percorso per valutare la fattibilità e l’idoneità/compatibilità donatore-ricevente, affinché l’intero processo avvenga nel minor rischio possibile». E oggi sono molte le storie di donazione che si sono trasformate in possibilità di vita.

Buone notizie per la genitorialità

Anche in caso di trapianto di organi il desiderio di maternità non deve essere abbandonato. Anzi, uno studio americano della David Geffen School of Medicine dell’UCLA, pubblicato su una importante rivista internazionale (Jama Network Open), dimostra che le donne in gravidanza con una storia di trapianto di rene o di fegato possono avere il loro bambino con parto naturale senza alcun rischio per sé stesse, il nascituro o compromettere l’esito del trapianto.

Di contro si correrebbero più pericoli programmando un taglio cesareo, pratica invece in aumento tra le donne che hanno subito un trapianto di organi. Si tratta di uno studio i cui dati sono da ritenersi affidabili in quanto condotto su ampi numeri: oltre 1.800 donne incinte di età compresa tra 18 e 48 anni, di cui 1.435 già sottoposte a trapianto di rene e 430 di fegato.

Il 73% delle gravidanze si è concluso con un parto vaginale. «Lo studio – commenta il professor Antonio Amoroso, Responsabile del Centro Regionale Trapianti della Regione Piemonte – attesterebbe che mamme che hanno partorito con parto naturale e bebè stanno meglio di donne sottoposte a cesareo, dove i bambini sarebbero maggiormente esposti ad alcuni rischi, quali ad esempio problemi respiratori a breve e lungo termine, con necessità in alcuni casi di ventilazione meccanica. In buona sostanza, una volta valutate insieme ai medici di riferimento che esistano tutte le condizioni per poter effettuare un parto naturale, questo è più sicuro del cesareo e può essere consigliato e affrontato da giovani mamme trapiantate con sicurezza».

INDOOR, il progetto avanza!

Vi avevamo raccontato dell’impegno di Fondazione D.O.T. e di altri partner nella creazione di droni per il trasporto ‘via aerea’ di organi e materiale biologico. Ricordate? Il progetto sta avanzando bene, è stata avviata una nuova borsa di studio, assegnata all’Ing. Chiara Bosso e si stanno sviluppando le prime attività concrete. Sebbene l’obiettivo finale sia il traporto di organi, è necessario partire da scenari più semplici, anche se altrettanto utili, e così attualmente gli sforzi sono concentrati a valutare – con una prospettiva al futuro – come trasportare al meglio e nella maniera più efficiente e sicura possibile materiale biologico, come sacche di sangue e provette di sangue e/o di materiale biologico. Dunque, in attesa dell’autorizzazione di ENAC per il trasporto di campioni biologici e organi in ambiente urbano, cioè dall’Ospedale Molinette di Torino fino ad un altro punto cittadino, i ricercatori sono al lavoro sulle prime simulazioni, ovvero prove ‘sperimentali’ in laboratori e campi volo, in terreni e aree verdi (al di fuori della contesto urbano), in cui poter testare le capacità e potenzialità dei droni: l’aerodinamicità, le vibrazioni e temperature, il peso massimo (al decollo), ed altri parametri utili.

«Poiché il trasporto di materiale e campioni biologici in ambiente urbano richiede l’autorizzazione dell’ENAC – spiega Chiara Bosso – al momento ci stiamo concentrando sulle simulazioni. L’idea attuale è di eseguire le prime prove con due tipologie di droni, un “multicottero” e un “convertiplano”, che hanno le stesse funzionalità ma caratteristiche aereodinamiche, di atterraggio e decollo differenti. Di entrambi valuteremo le caratteristiche di volo e in funzione delle performance che mostreranno, sceglieremo il migliore e il più adatto al trasporto di organi e campioni biologici». Da un punto di vista teorico, in parallelo, si stanno studiando le proprietà vibrazionali del drone nei voli in assenza di ‘payload’, ossia senza carico, per poterle riprodurre su macchine di prova ed eseguire alcuni test funzionali: «Una volta ottenuti i dati sulle vibrazioni e sulle accelerazioni – continua Bosso – potremo riprodurre le stesse condizioni in corrispondenza di una macchina di prova, in grado cioè di generare vibrazioni e accelerazioni identiche a quelle che si verificano nel drone durante il volo. Ottenute queste informazioni, posizionando poi le provette sulla macchina, saremo in grado di osservarne la risposta ancora prima che vengano collocate sul drone».

I test di prova sono dunque finalizzati anche a capire quale dei due droni svolga al meglio il lavoro di trasporto in termini di efficienza e sicurezza. «In possesso di questi dati – precisa ancora Bosso – potremo avviare le prime prove sui droni, nei campi volo, per osservare il comportamento dei campioni a bordo, avendo già una idea di base grazie alle precedenti simulazioni». Passo successivo sarà la realizzazione di un contenitore idoneo, che risponda ai criteri di conformità, aerodinamicità, peso e forma compatibili con i droni, con il valore aggiunto che alcuni sensori (necessari al monitoraggio di alcuni parametri ‘vitali’ per il materiale biologico), come per la temperatura, le vibrazioni, e la localizzazione, sono già integrati nel drone stesso.

Il sistema per il mantenimento dell’isotermia sarà attivo, per una questione di pesi ed efficienza. In tal modo, sarà semplice incorporare nel sistema di monitoraggio della temperatura, anche il suo controllo.

I trapianti renali da vivente

Sono una ‘realtà’ in Italia, specie presso il Centro Trapianto Renale dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Maggiore della Carità di Novara che, di recente, ha tagliato il traguardo di 152 trapianti da vivente, su un totale di 1433 trapianti d’organo eseguiti dal 2003, iniziati dopo 5 anni dall’apertura dell’attività del Centro. Il quale si qualifica tra i centri migliori anche per innovazione e sicurezza delle prestazioni: infatti all’AOU di Novara sono attivi tutti i programmi di trapianto da vivente compresi gli ABO incompatibili (contro gruppo sanguigno) e pre-emptive (esecuzione del trapianto prima della dialisi), senza contare che il Centro di Novara è entrato nel circuito nazionale e internazionale della Kidney-paired donation o “trapianto cross-over” promosso dal Centro Nazionale Trapianti (CNT) e riservato a pazienti con problemi immunologici che non consentono la donazione diretta da parte dei familiari. Minima invasività delle tecnica trapiantologica e sicurezza del donatore garantita dal prelievo del rene dal donatore per via laparoscopica, dal trapianto di rene robotico, laddove necessario e da stretti follow-up del donatore e del ricevente a partire dalla prima della donazione/trapianto con l’esecuzione di test specifici (es. scintigrafia renale dinamica, valutazione GFR radioisotopico, Riserva Funzionale Renale dopo carico proteico) sono altri valori aggiunti e garantiti solo in pochi altri centri nazionali. Il Professor Antonio Amoroso, Responsabile del Centro Regionale Trapianti della Regione Piemonte si unisce al plauso del direttore generale, dott. Gianfranco Zulian, rivolto ai professionisti dell’AOU di Novara che integrati in rete con dedizione prendono in carico il paziente e il donatore accompagnandolo attraverso un percorso di ritorno alla salute e al benessere. Per sensibilizzare, informare sul ruolo prezioso svolto da queste realtà sul territorio il 22 dicembre la nuova edizione di SaluTo, sarà inaugurata da un Tavola Rotonda dal titolo: “Torino: eccellenza dei Trapianti”.

Per ulteriori informazioni: link: www.saluto.net