L’attenzione al fenomeno da parte degli esperti è altissima ma la preoccupazione è ad oggi bassa: non si registra infatti un aumento anomalo del numero di epatiti di origine virali da virus minori rispetto a quelle che di norma si osservano in Italia. Questo dato fa ben sperare, anche grazie all’impegno e alle importanti misure di ‘sicurezza’ adottate dagli epatologi e epatologi pediatri sul territorio. «L’attenzione è tale – spiega il dottor Pier Luigi Calvo, epatologo, responsabile della Gastroenterologia Pediatrica del Presidio Regina Margherita dell’AOU Città della Salute e della Scienza di Torino – che l’Italia risulterà il primo paese in Europa, Inghilterra esclusa, per numero di casi segnalati: attualmente sono 35 di cui 12 in Lombardia e 6 in Piemonte, tutti riferibili a bambini sotto i 16 anni, con transaminasi >500 (solidamente si aggirano a 20-30), quasi tutti senza segni di insufficienza epatica».
I casi che devono maggiormente preoccupare, tra quelli segnalati, sono quelli che interessano bambini sotto i 6 anni che presentano dolore addominale, vomito, diarrea, ittero (colorito giallo della pelle) e transaminasi alte: così si sono presentati molti dei casi che hanno portato poi ad una indicazione al trapianto di fegato in Inghilterra. «L’“anomalia” – prosegue l’esperto – riguarda il fatto che non si tratta delle classiche epatiti di tipo A, B, C o E da cui l’interesse a raccogliere quante più informazioni possibili, monitorando il fenomeno per capire cosa stia succedendo. I dati raccolti in Italia finora rassicurano e non vi è alcun allarme che i casi attuali siano riferibili a un fenomeno anomalo per numeri e manifestazioni».
Sull’evento si sono fatte, comunque, varie ipotesi e la più probabile riguarda il coinvolgimento di un adenovirus: dei 163 casi oggi globalmente registrati, 126 sono stati testati per adenovirus e 91 sono risultati riconducibili ad esso. «Si ritiene, pertanto – conclude Calvo – che possa trattarsi di una “normale” infezione da adenovirus. Dopo il periodo di lock-down abbiamo assistito a un aumento delle infezioni virali soprattutto in bambini molto piccoli, dunque la mancata esposizione a agenti virali potrebbe essere una spiegazione plausibile. Oppure si sta pensando a una suscettibilità anomala, maggiore, da parte dell’ospite dovuta a una precedente infezione da Sars-CoV-2 che fungerebbe da fattore scatenante, ma l’ipotesi resta meno probabile. Il vaccino non ha alcuna (cor)relazione con l’epatite, infatti la maggior parte dei bambini non era vaccinato».
In attesa di informazioni più precise, si continua a tenere alto il livello di sorveglianza, aumentando se necessario le misure di attenzione adottate. Come si stima possa evolvere la situazione? Difficile fare previsioni certe, come Covid-19 ha insegnato.