La Giornata Mondiale del Rene, che ricorre l’11 marzo, non poteva essere meglio celebrata che raccontando una bella storia, di umanità e medica.
Un padre, di 82 anni, Pasquale Longo, pugliese ma residente a Saronno dal 1969, decide come atto di amore e generosità incondizionati, di ‘salvare’ la vita del proprio figlio Francesco – 52 anni, professore associato alla Bocconi di Management pubblico e sanitario e padre di famiglia, affetto da glomerulonefrite alla soglia della dialisi e in lista di attesa per un trapianto di rene – donandogli il proprio organo.
È accaduto a Torino all’Ospedale Molinette dell’AOU della Città della Salute e della Scienza di Torino che, per l’ennesima volta (per ultimo con il trapianto di fegato occorso a dicembre tra donatore e ricevente Covid-19 positivi), si qualifica quale esempio di elevata expertise. Il Centro Trapianto di Rene è riconosciuto a livello nazionale come la struttura con la più grande esperienza e la migliore capacità di gestire trapianti renali “difficili”. O potenzialmente a rischio, in questo caso in considerazione dell’età avanzata del donatore e di un figlio in sofferenza da lungo tempo.
Padre e figlio provenienti da fuori regione vengono accolti presso la struttura e dopo una accurata valutazione e l’esecuzione degli esami necessari a stabilire la compatibilità tra donatore e ricevente, l’équipe del Professor Luigi Biancone, Direttore della Nefrologia Dialisi e Trapianto e Responsabile del Programma di Trapianto di Rene regionale, supportata dai chirurghi vascolari e urologi (diretti rispettivamente dal dottor Aldo Verri e dal professor Paolo Gontero) e dall’assistenza anestesiologica dell’equipe del dottor Roberto Balagna.
Tutto il percorso, dall’ingresso al centro, alla donazione-trapianto come anche il periodo di osservazione e convalescenza si sono svolti nel migliore dei modi, nel rispetto di tutti i protocolli di sicurezza: ora padre e figlio sono nuovamente a casa e hanno ripreso la loro quotidianità. Una nuova vita, per entrambi. Per l’uomo con un ritorno alla normalità, per il padre con il cuore alleggerito da parte delle preoccupazioni per la vita del figlio. «La cosa che mi ha colpito di più – ha dichiarato Francesco in una intervista rilasciata a Repubblica – è che mio padre non ha mai avuto un dubbio. Ero più preoccupato io per lui che lui di sé stesso. E in più non mi ha mai fatto pesare ciò che stava facendo che, per un uomo di 82 anni, non è certo stata una passeggiata. ‘Fosse anche l’ultima cosa che faccio a 82 anni, mi diceva per tranquillizzarmi, la faccio’».
Una storia meravigliosa che testimonia che la donazione ‘salva’ la vita. Anche nelle situazioni che appaiono al limite. «Il trapianto da donatore vivente negli ultimi anni è in crescita anche in Italia – dichiara il professor Biancone – nella direzione dei Paesi del nord Europa. Fondamentale è rivolgersi a centri di elevata expertise, soprattutto se il caso appare difficile, per ricevere un adeguato parere e sottoporsi a tutti gli accertamenti necessari affinché il percorso donazione-trapianto avvenga con il minimo margine di rischio possibile».
L’età per donare? Non rappresenta un limite: anzi studi scientifici avrebbero dimostrato che un donatore di età ha maggiore speranza di vita di un suo coetaneo non donatore, come a dire che donare fa stare meglio stia fisicamente che emotivamente. E a storia di questa famiglia – di Pasquale e Francesco – ne è un bellissimo esempio.