Gli ‘operatori’ delle donazioni

«Il Procurement di organi e tessuti – chiarisce la dottoressa Anna Guermani, coordinatrice regionale delle donazioni e dei prelievi – è una ‘rete’ di 34 ospedali, che lavorano in sinergia per accogliere la volontà donativa dei pazienti e garantire la possibilità di cura a chi è in attesa di un trapianto». Un valore aggiunto di questa rete sono gli infermieri, che hanno un ruolo importante e delicato, quotidianamente a tu per tu con chi la vita la perde.

«La nostra professione – commenta Marco Maura – richiede da un lato la conoscenza delle procedure di donazione e dall’altra un’alta sensibilità: accogliamo i parenti dei donatori, li supportiamo, li consoliamo, li accompagniamo nel percorso donativo con fermezza e al tempo stesso delicatezza. Un compito che in periodo di pandemia ha richiesto lo sviluppo di nuove capacità, come imparare ad abbracciare senza abbracciarsi fisicamente, comunicando attraverso gli occhi e la gestualità. Spesso i famigliari sono sottovalutati, invece sono meritevoli di attenzione, supporto e di un riconoscimento particolare. Infatti, scegliere di donare è un grande gesto fatto alla società: la donazione è un momento in cui nel dramma e nella fatica si ha ancora una opportunità di ridare la vita a un’altra persona».

In qualsiasi situazione, l’infermiere che si (pre)occupa del procurement, come Marco e i tanti suoi colleghi, deve essere in grado di entrare in punta di piedi nella vita delle persone in un momento tragico, per non invadere la sensibilità dell’altro. Un lavoro delicato, che fonde elevata professionalità, frutto di formazione specifica appresa attraverso studi dedicati e esperienza sul campo.

 

Piemonte, una Regione ‘da primato’

Il 2020 è stato un anno positivamente segnato da alcuni primati che qualificano Regione Piemonte e la città di Torino, come eccellenze in ambito di trapianti. «Siamo stati i primi in Europa – precisa il Professor Antonio Amoroso, Coordinatore del Centro Regionale Trapianti della Regione Piemonte – ad eseguire nel 2020 un trapianto di fegato da donatore Covid-19, cui ne sono seguiti altri 4 sempre effettuati alle Molinette su riceventi con pregressa infezione da coronavirus».

Questo traguardo contribuisce a rendere la Città della Salute il primo ospedale in Italia per numero complessivo di trapianti: 388 eseguiti alle Molinette, 8 all’Ospedale pediatrico.

Infine, un ultimo primato: l’Ospedale torinese è in testa anche per numero di trapianti di fegato, di rene e di polmone, 200 quelli di rene: una soglia, mai raggiunta da nessun centro in Italia, che ha permesso di oltrepassare il traguardo di 10 mila trapianti totali attuati sul territorio.

 

La dichiarazione di volontà alla donazione

«Un grazie va anche ai donatori del nostro territorio – dichiara il Professor Antonio Amoroso, Coordinatore del Centro Regionale Trapianti della Regione Piemonte, e rappresentante di Fondazione D.O.T. (Donazione Organi e Trapianti) – cui devono molto gli operatori del sistema donazione-trapianti, ma soprattutto i  pazienti in attesa di un trapianto d’organo».

A confermare queste parole, ci sono i dati di Regione Piemonte e Valle d’Aosta che al 31 marzo 2021, ha contato da sola 38,4 donatori di organi per milione di abitanti, rispetto ai 28,5 del Nord, 29,8 del Centro, 10,4 di Sud e isole, per una media nazionale di 22,6 donatori. A questo si aggiungono i 56.733 donatori attivi di Cellule Staminali Ematopoietiche iscritti nel Registro Donatori regionale. Numeri raggiunti anche grazie all’attività sul territorio: in Piemonte ci sono 1.010 (su 1.181) comuni attivi per la registrazione della volontà alla donazione, e tutti i Comuni – pari a 74 – della Valle d’Aosta.

Sono stati oltre 4.241.157 (su 4.381. 000 circa) i piemontesi raggiunti dal servizio e la totalità dei valdostani, pari a 125.666 abitanti. I risultati? Al 31 marzo all’Anagrafe sono state espresse 397.415 dichiarazioni favorevoli alla donazione in Piemonte e 15.518 in Valle d’Aosta.

 

La donazione non ha età

È notizia recente: un padre 82enne, di Saronno con origini pugliesi, ha donato a suo figlio di 52 anni un rene. Il ricevente, un professore associato alla Bocconi di Management pubblico e sanitario di Milano e padre di famiglia, affetto da una malattia renale che determina un danno irreversibile al sistema di filtrazione (una glomerulonefrite), alla soglia della dialisi, non aveva altra speranza se non un trapianto di rene, ma i tempi in lista di attesa non erano certo prevedibili.

Così il padre gli è andato in soccorso, donandogli lui stesso un proprio rene: senza preoccuparsi dell’età, ma (af)fidandosi solo alla sua buona salute e all’amore paterno. “Qualità” premianti che hanno consentito, dopo dovuti accertamenti e le misure del caso, che il processo donazione-trapianto si svolgesse perfettamente. Ora padre e figlio sono a casa, in buona salute: il padre con l’orgoglio di vedersi accanto ancora il figlio, il figlio con la possibilità di una nuova vita.

La donazione-trapianto ha riempito le pagine dei quotidiani locali, essendo avvenuta alle Molinette di Torino. La loro è una bella storia, come ce ne sono tante in Italia, che danno un importante messaggio e insegnamento sia di tipo clinico: «È fondamentale rivolgersi a centri di elevata esperienza – dichiara il Professor Antonio Amoroso, responsabile del servizio di Immunologia dei trapianti dell’Ospedale Molinette di Torino – in cui effettuare un adeguato e corretto percorso per valutare la fattibilità del trapianto e l’idoneità/compatibilità donatore-ricevente, affinché l’intero processo avvenga nel minor rischio possibile». Ma anche biologico: «Se gli organi sono sani, funzionati e il donatore è in salute – aggiunge la dottoressa Anna Guermani, responsabile del Coordinamento Regionale delle donazioni e dei Prelievi di Organi e Tessuti – l’età anagrafica non è un limite per diventare donatori. Questo non vale solo per i donatori viventi, ma ancor di più per le donazioni da deceduto. Si eseguono infatti abitualmente trapianti di rene e di fegato con gli organi di donatori deceduti di età superiore a 80 anni, con ottimi risultati. Nel 2016 alle Molinette addirittura una donatrice di 93 anni ha salvato la vita a una donna di 61 anni donandole il proprio fegato».

 

Ci siamo quasi!

Ci siamo quasi! Il prossimo 11 Aprile si celebra la Giornata Nazionale Donazione Organi e Tessuti e a Torino fervono i preparativi.

Cosa si sta organizzando?
Non vogliamo fare spoiler, così vi invitiamo a seguirci sulle nostre pagine social, dove sarete costantemente aggiornati.

Una piccola fuga di notizie?
Questa ve la concediamo! Ci sarà una ‘luminosa’ sorpresa in città, in particolare per alcuni suoi monumenti iconici e una golosa iniziativa che riguarda un altro suo simbolo, il gianduiotto? Forse, ma aspettatevi delle ‘buone’ sorprese!

Perché sensibilizzare alla donazione?
Non abbiamo dubbi: il trapianto salva la vita a chi soffre per una importante insufficienza d’organo, lo testimoniano i numerosi riceventi. Perché allora non essere anche tu fra chi sceglie di diventare donatore? Basta un tuo gesto, la tua espressione di volontà alla donazione, per ridare la vita a chi potrebbe perderla senza il tuo aiuto. Puoi darci una mano, fai ‘flash-mob’ sulla rete, unisciti al nostro impegno, segnala l’importanza della donazione ai tuoi contatti. Un gesto che non costa nulla ma che vale tantissimo: ri-dona la vita!

 

Il “Progetto Box” si muove!

Lo scorso febbraio, la Fondazione D.O.T. ha finanziato una borsa di studio per lo svolgimento del progetto “Sviluppo di soluzioni tecnologiche per il trasporto in sicurezza di organi, tessuti e cellule”, in collaborazione con Aferetica Srl, nell’ambito dell’iniziativa congiunta Fondazione D.O.T. – Politecnico di Torino per il sostegno, la promozione e lo sviluppo delle pratiche terapeutiche legate alla donazione e al trapianto di organi, tessuti e cellule.

Vincitrice della borsa è la dr.ssa Chiara Bosso, giovane laureata in Ingegneria biomedica presso il Politecnico di Torino, che sta attualmente lavorando, insieme al team di Aferetica Srl, alla realizzazione di una soluzione in grado di trasportare dal luogo del prelievo a quello di destinazione organi, tessuti e campioni biologici in tempi rapidi e in assoluta sicurezza, consentendo il monitoraggio e la tracciabilità del contenitore e del contenuto. Ne è nato “PerTravel” un box (costituito da un contenitore primario ed uno esterno), attualmente in fase di progettazione, con speciali e specifiche caratteristiche: sarà versatile, sterile e biocompatibile, con almeno una barriera rigida per proteggere gli organi da sollecitazioni meccaniche, e dotato di un contenitore isotermo, in grado cioè di mantenere alla giusta e costante temperatura organi addominali – come il rene, fegato, pancreas – e toracici – come il cuore -, nonché campioni biologici durante il trasporto; per il polmone si sta pensando ad una soluzione dedicata, avendo questo caratteristiche diverse da altri organi.

Il box così strutturato, oltre a informare in tempo reale sulla temperatura del materiale biologico contenuto (monitoraggio dei parametri), sarà tracciabile, consentendo la sua geo-localizzazione istante per istante, dalla partenza fino alla destinazione. Insomma, il box metterà in ancora maggiore sicurezza il sistema donazione-trapianti e il benessere dei destinatari degli organi.

 

Un’eccellenza per le donazioni di organi da donatore deceduto

Il Piemonte e la Valle d’Aosta, unite nel fornire un solido contributo alla Rete Nazionale Trapianti, sono un’eccellenza per le donazioni di organi da donatore deceduto. Ci piace ribadire che la donazione di organi è una pratica sicura, avviene cioè in soggetti deceduti, solo dopo aver accertato e certificato legalmente la morte secondo quanto previsto dalle norme del nostro Paese, utilizzando esami molto accurati.

A seconda delle situazioni nelle quali avviene il decesso, l’accertamento e la certificazione sono condotti con criteri differenti: neurologici o cardiologici. Nel primo caso si parla di morte encefalica e quindi di donazione “a cuore battente”, mentre nel secondo si parla di morte cardiaca e quindi di “donazione a cuore fermo”. Grazie alla generosità dei cittadini e all’elevato livello di professionalità del personale sanitario, la donazione di organi “a cuore fermo” ha avuto un’accelerazione in Piemonte e, in particolare, a Torino. Sono situazioni nelle quali un paziente, colpito da un arresto cardiaco improvviso e inatteso, all’interno o all’esterno dell’ospedale, non risponde a alcun trattamento rianimatorio intrapreso, imponendo così ai medici di constatare il decesso.

In questo contesto, al termine delle procedure legali, è possibile procedere con la donazione di organi “a cuore fermo” secondo il desiderio del cittadino. In numerosi Paesi questa forma di donazione ha permesso un notevole incremento del numero dei trapianti. «La donazione a cuore fermo, dopo arresto cardiaco intrattabile extra o intra ospedaliero – spiega il dottor Raffaele Potenza, referente regionale per il programma di donazione a cuore fermo – richiede expertise, organizzazione, tecnologie e risorse umane per questo può essere attuata in pochi centri di eccellenza, presenti sul territorio».

In Piemonte sono coinvolti nella pratica 3 Aziende: l’ASL Città di Torino, l’A.O.U. Città della Salute e della Scienza, l’A.O. Nazionale SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo di Alessandria, l’attività è iniziata nel 2015. Da allora, quando si registrarono 9 donazioni “a cuore fermo” in tutta Italia, di cui 1 in Piemonte, si è passati a 90 donazioni del 2020, di cui 25 in Piemonte. Dati che portano la Regione a essere considerata un ‘fiore all’occhiello’ della Sanità Italiana in tema di donazioni-trapianti.

 

La donazione salva la vita: alle Molinette di Torino la storia di un padre che dona il rene al figlio

La Giornata Mondiale del Rene, che ricorre l’11 marzo, non poteva essere meglio celebrata che raccontando una bella storia, di umanità e medica.

Un padre, di 82 anni, Pasquale Longo, pugliese ma residente a Saronno dal 1969, decide come atto di amore e generosità incondizionati, di ‘salvare’ la vita del proprio figlio Francesco – 52 anni, professore associato alla Bocconi di Management pubblico e sanitario e padre di famiglia, affetto da glomerulonefrite alla soglia della dialisi e in lista di attesa per un trapianto di rene – donandogli il proprio organo.

È accaduto a Torino all’Ospedale Molinette dell’AOU della Città della Salute e della Scienza di Torino che, per l’ennesima volta (per ultimo con il trapianto di fegato occorso a dicembre tra donatore e ricevente Covid-19 positivi), si qualifica quale esempio di elevata expertise. Il Centro Trapianto di Rene è riconosciuto a livello nazionale come la struttura con la più grande esperienza e la migliore capacità di gestire trapianti renali “difficili”. O potenzialmente a rischio, in questo caso in considerazione dell’età avanzata del donatore e di un figlio in sofferenza da lungo tempo.

Padre e figlio provenienti da fuori regione vengono accolti presso la struttura e dopo una accurata valutazione e l’esecuzione degli esami necessari a stabilire la compatibilità tra donatore e ricevente, l’équipe del Professor Luigi Biancone, Direttore della  Nefrologia Dialisi e Trapianto e Responsabile del Programma di Trapianto di Rene regionale, supportata dai chirurghi vascolari e urologi (diretti rispettivamente dal dottor Aldo Verri e dal professor Paolo Gontero) e dall’assistenza anestesiologica dell’equipe del dottor Roberto Balagna.

Tutto il percorso, dall’ingresso al centro, alla donazione-trapianto come anche il periodo di osservazione e convalescenza si sono svolti nel migliore dei modi, nel rispetto di tutti i protocolli di sicurezza: ora padre e figlio sono nuovamente a casa e hanno ripreso la loro quotidianità. Una nuova vita, per entrambi. Per l’uomo con un ritorno alla normalità, per il padre con il cuore alleggerito da parte delle preoccupazioni per la vita del figlio. «La cosa che mi ha colpito di più – ha dichiarato Francesco in una intervista rilasciata a Repubblica – è che mio padre non ha mai avuto un dubbio. Ero più preoccupato io per lui che lui di sé stesso. E in più non mi ha mai fatto pesare ciò che stava facendo che, per un uomo di 82 anni, non è certo stata una passeggiata. ‘Fosse anche l’ultima cosa che faccio a 82 anni, mi diceva per tranquillizzarmi, la faccio’».

Una storia meravigliosa che testimonia che la donazione ‘salva’ la vita. Anche nelle situazioni che appaiono al limite. «Il trapianto da donatore vivente negli ultimi anni è in crescita anche in Italia – dichiara il professor Biancone – nella direzione dei Paesi del nord Europa. Fondamentale è rivolgersi a centri di elevata expertise, soprattutto se il caso appare difficile, per ricevere un adeguato parere e sottoporsi a tutti gli accertamenti necessari affinché il percorso donazione-trapianto avvenga con il minimo margine di rischio possibile».

L’età per donare? Non rappresenta un limite: anzi studi scientifici avrebbero dimostrato che un donatore di età ha maggiore speranza di vita di un suo coetaneo non donatore, come a dire che donare fa stare meglio stia fisicamente che emotivamente. E a storia di questa famiglia – di Pasquale e Francesco – ne è un bellissimo esempio.

La carta di identità e la donazione di organi: una scelta consapevole

Tutti i cittadini maggiorenni che rinnovano il documento di identità in forma elettronica (CIE) hanno la possibilità di esprimersi in merito alla donazione dei propri organi dopo la morte. Possono cioè manifestare favorevolezza oppure la non volontà. Questa forma di manifestazione è nota con il nome di “Una scelta in Comune”.

Esprimersi è importante, perché ognuno sceglie per sé e perché si sollevano i propri cari dal dover scegliere loro; per scegliere con consapevolezza, però, bisogna essere informati, conoscere il mondo delle donazioni e dei trapianti. Il Coordinamento Regionale delle donazioni e dei Prelievi di organi e tessuti in collaborazione con la fondazione D.O.T. e il sostegno della Fondazione CRT ha elaborato un progetto volto proprio ad informare i cittadini e ad incrementare il numero delle dichiarazioni di volontà.

A partire da aprile 2021 saranno inviate 5.000 lettere personalizzate ai cittadini in procinto di rinnovare la CIE, contenenti le principali informazioni sulla donazione e il trapianto. Successivamente si valuterà l’impatto dell’intervento comunicativo sul numero delle dichiarazioni di volontà e la favorevolezza alla donazione, tenendo conto che ad oggi in Piemonte un cittadino su due decide di esprimersi e di questi il 69% è favorevole alla donazione. Vi terremo costantemente informati.

 

Il cross-match si fa high-tech

La Fondazione D.O.T. Onlus ed il Politecnico di Torino  stanno sviluppando un progetto congiunto per il sostegno, la promozione e lo sviluppo delle pratiche terapeutiche legate alla donazione e al trapianto di organi, tessuti e cellule. All’interno di questa collaborazione è stato attivato un progetto dal titolo “Robotizzazione del cross match”.

L’abbinamento tra un donatore d’organo e il ‘suo’ ricevente, infatti, non è mai casuale. La definizione della migliore compatibilità si basa, tra l’altro, su procedure di laboratorio complesse che analizzano le caratteristiche genetiche del donatore e le paragonano a quelle di tutti i riceventi in attesa di trapianto, per trovare l’abbinamento migliore. Il via libera al trapianto richiede ancora una controprova di laboratorio che prende il nome di cross-match o prove crociate di compatibilità. Occorre mettere a contatto le cellule del potenziale donatore con i sieri dei candidati selezionati al fine di evidenziare la presenza di reattività contro il donatore: a questo scopo si utilizzano delle apposite micropiastre con numerosi pozzetti dove si fanno avvenire le reazioni. Si tratta di operazioni eseguite manualmente in laboratori di immunogenetica, che come tutti i test di laboratorio, non sono esenti da possibili errori nonostante la presenza di due operatori che ‘vigilano’ su tutte le fasi del processo di analisi.

Un evento che potrà essere in un prossimo futuro evitato grazie all’introduzione di un processo di “robotizzazione”: un dispensatore automatico che opera in tutte le fasi del processo, alcuni dei quali critici come la distribuzione dei diversi reagenti all’interno dei pozzetti della micropiastra – la più cruciale e maggiormente suscettibile di errore – capace di gestire la quantità di campioni richiesti con altissima precisione, definendo così con una certezza ottimale la compatibilità fra donatore e ricevente. Quindi l’idoneità al trapianto e il conseguente successo.

È questo in estrema sintesi l’obiettivo del progetto “Robotizzazione del cross-match” attivato nei Laboratori di Immunogenetica e Biologia dei Trapianti dell’AOU Città della Salute e della Scienza di Torino. Questo argomento è stato l’oggetto della tesi di Laurea Magistrale della dr.ssa Simona Commisso, neo laureata in Ingegneria Biomedica presso l’ateneo torinese che, grazie alla collaborazione tra la Fondazione D.O.T. ed il Politecnico, ha potuto sviluppare questo tema. Nel corso del progetto di tesi è stata coinvolta anche l’azienda Inpeco. Vi terremo aggiornati sullo sviluppo di questo importante progetto.