Un trapianto complesso e unico per salvare una bambina di sette mesi: intervista al Prof. Renato Romagnoli

Un trapianto complesso e unico per salvare una bambina di sette mesi: intervista al Prof. Renato Romagnoli.

Nelle scorse settimane, presso l’Ospedale Molinette di Torino, un intervento eccezionale ha dato una nuova speranza a una bambina di appena sette mesi, gravemente malata e con poche settimane di vita. Il Prof. Renato Romagnoli, Direttore del Centro Trapianto di Fegato delle Molinette, di cui è inoltre Direttore del Dipartimento Trapianti, ha eseguito il trapianto di una parte di fegato pediatrico con autotrapianto di vena porta; ci ha raccontato le sfide di questa operazione e i successi ottenuti grazie a una tecnica innovativa.

Quali sono state le maggiori difficoltà dell’intervento?

Il Prof. Romagnoli descrive la complessità dell’intervento, reso ancora più impegnativo dalla condizione della piccola paziente:

La bambina pesava sei chili. A causa di un grave scompenso epatico, si era accumulato nell’addome quasi un litro di liquido. Il suo peso reale era quindi di appena cinque chili e le sue condizioni cliniche erano molto gravi, con livelli di bilirubina estremamente elevati e altri indicatori critici. In queste condizioni, le prospettive di sopravvivenza erano limitate a poche settimane o giorni.

Fortunatamente, si è reso disponibile l’organo di un donatore pediatrico, il cui fegato è stato utilizzato sia per la bambina sia per un altro paziente giovane ricoverato presso l’Ospedale Bambino Gesù di Roma. Un aspetto peculiare di questo intervento è stata la necessità di ricostruire la vena porta della bambina, che non era più funzionale. Per ottenere il miglior risultato possibile, si è deciso di utilizzare un segmento della  vena giugulare della bambina come rimpiazzo,  scelta che ha richiesto grande precisione e che ha consentito di garantire un flusso sanguigno adeguato al fegato trapiantato.

Come sta ora la bambina?

A distanza di qualche settimana, la piccola è già a casa e sta recuperando in modo sorprendente.

La bambina è stata dimessa con valori di bilirubina normalizzati, un segno di ripresa della funzionalità del fegato eccezionale

ci ha riferito il Prof. Romagnoli, che sottolinea come questo intervento abbia realmente dimostrato il valore del trapianto di fegato come organo salvavita, anche in condizioni così critiche.

La tecnica adottata: una soluzione salvavita con autotrapianto

Il Prof. Romagnoli ha operato su pazienti molto piccoli in passato, ma in questo caso, la sfida maggiore è stata trovare un organo compatibile e adeguato alle dimensioni del corpo della bambina.

La necessità di disporre di un fegato che potesse entrare nell’addome di una paziente così piccola, senza comprimerne gli organi, è stata cruciale. L’organo disponibile si è rivelato perfetto sia in termini di dimensioni sia di funzionalità, un vero intervento al momento giusto.

Il trapianto come ponte tra famiglie: dalla tragedia alla speranza

Il dono di un organo nasce sempre da una tragedia familiare, ma consente a una nuova vita di fiorire in un’altra famiglia. È un ponte di speranza tra chi dona e chi riceve, un legame prezioso che ha dato a questa bambina una possibilità di vita.

ha concluso il Prof. Romagnoli, ricordando l’importanza del supporto alla donazione di organi.

Questo intervento segna un ulteriore passo avanti per la chirurgia nel trapianto di fegato pediatrico in Italia e rappresenta un simbolo di come la collaborazione e l’innovazione in medicina possano superare sfide apparentemente insormontabili.